01
Apr

Allarme Elmintosporiosi

Domanda: Carissimo Ugo, AIUTO! questa estate dopo il rientro dalle ferie ho trovato questa pianta, di cui non conosco il nome, malata. Questa pianta in tanti anni mi ha dato tanta soddisfazione per la sua abbondate e splendida fioritura e per la facilita’ di fare talee . Ho interessato subito un amico vivaista specializzato in piante grasse che mi ha detto di non preoccuparmi che tutto e’ causato dalla umida stagione estiva. Viceversa mi sono preoccupato ed ho tagliato ( seguendo gli insegnamenti di Gianfranco disinfettando il coltello con solfato di rame etc) tutte le parti malate, ed ho cosparso abbondantemente con zolfo tutta la pianta, ma la situazione e’ peggiorata come puoi vedere dalla foto, ho provato a spruzzarla con la diodina ma non c’e’ stato nulla da fare, tanto che Domenica ho dovuto buttare tutto perche’ la pianta era morta. La cosa strana che sul balcone ho tantissime piante grasse ma solo quella specie e quella che si intravede nella foto sono state colpite mentre tutte le altre non hanno segni di malattie. Ho fatto delle talee che non sembrano malate, pensi che vale la pena provare a ripiantarle ? Cosa posso fare in caso si ripresenti questa malattia in futuro? Grazie della tua sempre gentile e competente attenzione , un saluto a presto Francesco

Postata da: francesco Gennari
Risposta di: Dott. Ugo Laneri

Caro Francesco, si tratta di un Echinocereus scheeri ssp. gentryi (talvolta indicato non come ssp., ma var.) affetto da una grave malattia fungina (Elmintosporiosi) causata da Bipolaris cactivora, più nota come Helminthosporium cactivorum o Drechslera cactivora (come dice l’attributo specifico: divoratore di cactus). Essa è diffusa nei terreni e si manifesta in certe situazioni (pianta recettiva + agente patogeno + condizioni favorevoli al patogeno). Le Cactacee sono recettive a vari patogeni, tra cui uno dei più temibili, ma anche frequente, è appunto B. c. Quest’anno le condizioni sono state particolarmente sfavorevoli per molti cactus e favorevoli al patogeno, vuoi per le piogge estive, vuoi per la perdurante alta umidità, temperature “medio-alte” e scarsa ventilazione (afa); il patogeno vegeta tra 16 e 30°C, maggiormente con alte temperature e U.R. L’attacco spesso avviene al colletto delle piante, quando ci sono ristagni; ma quando si verificano le situazioni suddette, sia per traumi o quando la pianta fiorisce, vuoi per la persistenza del fiore appassito dopo la fioritura, vuoi per il distacco di tale resto, ma anche perché si può creare un velo di condensa sulla pianta, si creano le condizioni ideali per l’attacco di tale fungo, che è un parassita, cioè utilizza sostanza organica viva per propagarsi. Col tempo il fungo penetra in profondità portando alla necrosi i tessuti (che diventano neri) e quindi interi cormi o tutta la pianta. Quando l’attacco non è troppo avanzato si può tentare la chirurgia drastica, tagliando ben oltre la zona annerita, e -se non c’è abbastanza sole- disinfettando le superfici di taglio con alcol o zolfo (si potrebbe provare con la cenere, che in molti casi dà ottimi risultati, ma andrebbe verificato che non sia troppo caustica) e trattamenti antifungini come indicato oltre; zolfo, solfato di rame e poltiglia bordolese fanno poco e niente e così la dodina. Per questo patogeno “tosto” si usa in maniera preventiva o al primo comparire dei sintomi dati da macchie clorotiche, il propiconazolo, che è un sistemico (es. Opinion Ecna) o procloraz (es. Sportak), spesso entrambi in associazione (es. Novel duo); o iprodione (Rovral plus); tutti fungicidi ad ampio spettro d’azione. Trattamenti da eseguire con le dovute accortezze per la nostra salute. Aliette (Fosetil alluminio) è consigliato per aiutare le difese della pianta. Bisogna soprattutto rimuovere le cause predisponenti. Quando le condizioni climatiche sono quelle sopra descritte, si sconsiglia di effettuare tagli, quindi niente talee (da fare quando c’è un bel sole, facendo cicatrizzare naturalmente la superficie di taglio). La disinfezione con solfato di rame concentrato, se poi non si lava il coltello, potrebbe anche produrre delle necrosi nelle Cactacee; meglio la disinfezione alla fiamma o con varechina e successivo lavaggio; ma se è un coltello pulito e si fanno talee solo da una pianta, non c’è bisogno di una sterilizzazione preventiva. Separatamente mi hai poi indicato le condizioni di coltura: terriccio drenato a base di lapillo, buon sole, annaffiature diradate (fin qui tutto OK), e concime liquido per piante verdi dato una volta al mese. Quest’ultimo particolare potrebbe essere importante, rivelando un’inadeguatezza: solitamente i concimi per piante verdi sono a maggior tenore di azoto rispetto a fosforo e potassio (tipo 10-5-5), mentre le succulente vogliono un concime con basso tenore di azoto (tipo 5-10-10). Con un’alta concentrazione di azoto e basso potassio, la pianta prospera, ma diventa delicata e molto suscettibile ai patogeni: quindi bisogna dare un concime adeguato. APPROFONDIMENTI. Echinocereus scheeri ssp. gentryi è originario di zone desertiche messicane (Sonora, Chihuahua) ed appartiene alla famiglia Cactaceae, comprendente 2000-3000 specie di piante succulente, riunite in 100-150 generi, attivamente coltivate da tanti appassionati. Le C. sono distribuite quasi esclusivamente nel continente americano ed in particolare nelle zone calde ed aride (piante xerofile). Famose sono le immagini dei grandi Saguari (Carnegiea gigantea) nelle zone desertiche degli USA, un po’ meno delle Opunzie in Messico e dei Trichocereus nel Nord Argentina. Le C. hanno dimensioni e forme piuttosto diversificate; parecchie sono colonnari/cilindriche, molte globose. Tutte presentano una serie di caratteri dovuti all’adattamento evolutivo ad ambienti inospitali. Tipicamente molte sono spinose e non hanno foglie; spesso presentano fusti costoluti, con lati che si possono più o meno distendere in funzione dell’immagazzinamento di acqua. Quando recentemente ho parlato di Echeveria, una Crassulacea, mi sono dilungato sul particolare ciclo fotosintetico delle succulente, per cui la CO2 viene assorbita di notte, e di giorno, con la luce solare, avviene la demolizione delle molecole a 4 atomi di carbonio sintetizzate di notte, ed infine la sintesi del glucosio. I fiori di molte cactacee sono spettacolari; quelli a fioritura diurna sono di colore acceso: rosso di tutte le tonalità, rosa, arancione, giallo; quelli a fioritura notturna invece sono spesso bianchi. L’impollinazione è zoofila. Molto coltivate sono le specie del genere Mammillaria, ma anche Opuntia, Cereus, Echinocereus, Echinocactus (famoso è il “Cuscino della suocera” E. grusonii), Ferocactus, Rebutia, Astrophytum, Myrtillocactus ecc. LA COLTIVAZIONE si effettua rispettando le condizioni ambientali originarie: per molte specie è adeguata un’ esposizione al sole pieno o leggermente schermato, terriccio grossolano molto drenante (es. lapillo), annaffiature diradate ma abbondanti, fertilizzazioni leggere con le proporzioni tra i 3 principali macronutrienti come indicato sopra; in inverno solitamente al riparo, senza acqua o quasi; poche specie sono rustiche. Alcune Cactacee si sono ulteriormente evolute a vivere come epifite e quindi in ambienti forestali, più umidi ed ombrosi (es. Epiphyllum, Hylocereus, Rhipsalis, Schlumbergera), quindi hanno esigenze diverse. La propagazione delle C. avviene per semina o per taleaggio, ma in alcune specie recalcitranti si pratica l’innesto. Le C. sono soggette all’attacco di diversi artropodi (cocciniglie, acari), oltre che delle “crittogame”. VARI USI. Sembra che tutti i frutti delle Cactacee siano eduli (es. Fico d’India, Pitaya= Hylocereus ) e così i cladodi (le “pale”) di tutte le specie di Opuntia (Fico d’India); sicuramente la capacità di accumulo d’acqua è stata sfruttata in passato dalle popolazioni amerinde. Da alcune Cactacee, fornite di uno “stroma” consistente (es. Trichocereus pasacana) si sono ricavate tavole simili al legno. Dalla cocciniglia Dactylopius coccus, parassita di Opuntia, si ricava il carminio (mentre nelle zone mediterranee da un’altra cocciniglia, Kermes ilicis, parassita di Quercia spinosa -Quercus coccifera- si ricava un colorante simile; da cui il liquore Alkermes). Infine, alcune parti di Cactacee contengono alcaloidi allucinogeni, o vengono usate in erboristeria. CONSERVAZIONE. Quasi tutte le C. che crescono in Natura sono inserite nell’appendice II della Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES), che comprende le specie suscettibili di scomparsa a meno di regolamentazione del commercio; alcune addirittura nell’appendice I, più restrittiva, che vieta il commercio e la detenzione, perché specie già a rischio di estinzione. Esistono nel mondo grandi collezioni di Cactacee, o in serra o all’aperto, o in entrambe le situazioni, secondo le specie. In Italia spicca l’Orto Botanico di Catania con c. 2000 specie. Estese collezione di succulente in serra si trovano nell’Orto Botanico di Berlino e ai Kew Gardens vicino a Londra. Grandi produttori di ingenti quantità di specie commerciali sono ad es. i vivai Albani & Ruggieri a Civitavecchia. I semi spesso provengono da ditte tedesche; in Germania infatti ci sono molti appassionati di C. Si ringraziano gli esperti consultati, che preferiscono non essere nominati. 

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